L’estate del nostro tormento(ne)

Giorgia Olivieri
4 min readJun 3, 2020

Tornare a casa dopo una pandemia. Grazie a una mostra quarantenata da smontare, sono riuscita ad andare a Senigallia con qualche giorno di anticipo rispetto la riapertura dei confini tra Emilia-Romagna e Marche. Per muovermi avevo stampato mezzo chilo di carta, comprensivo di autocertificazione da giornalista. Mentre la macchina andava, pensavo che non sarei mai stata una che sfidava le guardie che ne so, per passare da Berlino Est a Berlino Ovest. Il pericolo, ne sono consapevole, non sarà mai il mio mestiere.

Foto di ©Guido Calamosca

L’acqua nei sogni degli italiani è stata un elemento ricorrente nelle notti del lockdown. Nella mia attività onirica il mare è stato molto presente, acque scure per mancanza di luce ma limpide, non melmose per fortuna. Essendo cresciuta sulle coste dell’Adriatico con l’idea che il mare guarisca tutte le ferite, sono subito corsa a mettere i piedi a mollo appena ne ho avuto modo. Mentre passeggiavo a riva tenendomi i pantaloni per non bagnarli, guardavo da lontano la stagione balneare che si preparava a ripartire.

Foto di © Guido Calamosca

Considerando la quantità di raggi di sole di cui non abbiamo goduto chiusi dentro casa, il tempo non era di certo dei migliori. La pioggia ha infatti funestato il giorno della riapertura delle spiagge fissata per il 29 maggio. Il freddo ha gelato le bestemmie dei senigalliesi mentre con quel tipico sguardo cinico e disincantato commentavano in dialetto la sfiga del meteo.

Foto di © Guido Calamosca

La città si è risvegliata grazie ai ragazzini che la popolano a ogni ora del giorno. Camminano in branco, con le mascherine sghembe sulla faccia. La scuola è praticamente finita e loro si preparano a vivere quest’estate piena di regole da infrangere. Qualche giorno fa in radio un giornalista milanese ragionava sui tormentoni. Diceva che quest’anno se si doveva rimanere in città, di successi da ricordare non ne avremmo avuti. Io francamente ascoltandolo mi sono incazzata un po’ perché l’Italia non è solo la Lombardia: un’estate benché strana si merita lo stesso un paio di brutte canzoni a cui legarsi.

Foto di © Guido Calamosca

Io d’estate in vacanza non ci sono mai stata perché per me se sei nato al mare non hai bisogno di villeggiatura. Ma noi il tormentone ce l’avevamo lo stesso anche se non prendevamo un treno o un aereo per muoverci. Vaglielo a dire a quei ragazzi pieni di vita che quest’estate non avranno la loro canzone da legare a un ricordo che odora di Amuchina. Mi è tornata in mente mia madre che raccontava dell’Austerity a distanza di anni. Forse il tempo aveva addolcito la sua memoria ma lei, come tanti altri, aveva fatto di necessità virtù e se l’era passata anche se a km 0. Si tratterà — forse — di un’estate diversa ma non di una non-estate. Di questo ne sono certa.

Foto di © Guido Calamosca

I conti in questi primi giorni la fanno da padrone. Si fa la conta di quanto si è perso, di chi non riaprirà, di quante persone si possono mettere a tavola e di quante famiglie potranno stare sotto l’ombrellone. L’impressione è che in un piccolo centro i danni siano più tangibili forse perché le saracinesche che non si alzeranno hanno un nome e un cognome.

Foto di © Guido Calamosca

La pandemia nelle conversazioni sembra il settembre di quando si rientra dalle ferie. Ci si chiede come è andata, quanto hai bevuto e cosa hai cucinato. La fase 2 diventa un continuo scambio di ricette che chissà se sopravvivranno anche nelle fasi 3, 4 etc. I ristoratori sulla porta aspettano i clienti. Devono fare i conti con i metri che hanno a disposizione, dentro e auspicabilmente fuori. «Siete congiunti?» sussurrano i camerieri mentre trafficano tra plexiglass e menù di plastica. Uno sì e uno no, la scacchiera non è per tutti però.

Foto di © Guido Calamosca

Grande è la confusione sotto il cielo tardo-primaverile. Un enorme punto di domanda si staglia all’orizzonte di chi campa di turismo ma pure di quelli che i turisti vorrebbero fare pur nella loro città. Fare la fila, seguire le frecce, un metro come unità di misura. La mascherina si mette col costume? I vestiti li impacchettiamo? Lo spruzzino lo porto io o lo porti tu? Quelli che pisciano in acqua, diffonderanno il virus? Insomma, ci congiungiamo per comodità? L’importante è essere non più di 4 sennò l’ombrellone non ce lo danno.

Foto di © Guido Calamosca

Sicuri che non glielo vogliamo dare una canzone a questa estate? Magari non avremo il tormentone ma di sicuro non mancheranno i tormenti.

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Giorgia Olivieri

Giornalista, scrive quello che vede come se fosse al bancone del bar. Marchigiana, vive a Bologna da troppo tempo.